L’architetto Marzorati scomparso all’improvviso alla vigilia di Natale
Insieme a lui se ne va un pezzo di quella Sestesità che tanto serve
Come un fulmine a cielo sereno, esattamente come uno dei suoi innumerevoli bozzetti, alla Vigilia di Natale a 78 anni è venuto a mancare l’architetto Giancarlo Marzorati, uno degli ultimi simboli di quella che si può definire “sestesità”. Perché per lui Sesto era casa, era amore vero.
Stiamo parlando di una persona che ha legato il suo nome a decine e decine di opere rendendo il suo nome famoso in tutto il mondo. Basti pensare all’auditorium di Milano in largo Mahler, all’auditorium Manzoni di Bologna, alle Terme De Montel che presto vedranno la luce sempre a Milano o addirittura all’aeroporto di Tripoli, in Libia. Ma in tutto questo non ha mai dimenticato di prestare il suo talento alla sua città e ai sestesi. Dal suo studio in viale Casiraghi ha continuato a progettare la sua Sesto del presente, come negli anni Novanta l’unico Skyline che abbiamo, vero e proprio biglietto da visita per chi entra nella nostra città da Milano, ma anche del futuro come il sogno nelle ex acciaierie di una pista di sci sospesa alimentata da pompe di calore e un grande parco divertimenti o come il grande ponte ciclopedonale che dovrebbe unire il Rondò a piazza della Repubblica per diventare una specie di piazza sospesa sull’esempio della High Line di New York.
Marzorati era conosciuto e apprezzato da tutti i sestesi, perché era una persona che nonostante il suo smisurato talento amava confrontarsi con tutti. Era carico di entusiasmo, quando iniziava a parlare della sua visione di Sesto non si riusciva a interromperlo. Era un fiume in piena ma non di quei corsi d’acqua pericolosi perché distruggono gli argini, bensì quelli che portano vita e freschezza. Amava dedicarsi a progetti grandiosi e ambiziosi e al tempo stesso metteva l’identico impegno e passione anche per le piccole realizzazioni. Immaginava le sue opere con generosità perché le creava con l’obiettivo di donarle agli altri, di rendere la loro vita più bella esteticamente e più funzionale.
E poi quella sua abitudine di disegnare a mano mentre ti ascoltava. Tu gli raccontavi un’idea, un progetto e mentre parlavi lui freneticamente elaborava su un foglio un qualcosa che quando ti faceva vedere ti lasciava senza parole. Perché aveva non solo interpretato il tuo pensiero, ma lo aveva migliorato e arricchito di quei particolari che sapevano fare la differenza. Senza mai scordare quello che era il suo tratto distintivo: lo stondato. Per lui gli spigoli erano nemici da abbattere, quelle sue linee curve erano la sua firma, la sua volontà di rendere tutto più armonico.
Quando qualcuno viene a mancare si è soliti dire che mancherà. È una frase inflazionata, quindi proveremo a non usarla, modificando il concetto. Abbiamo esordito sostenendo che con la scomparsa di Marzorati se ne va uno degli ultimi simboli della sestesità. La speranza è che questo suo scettro possa essere raccolto e portato avanti con identica passione e umiltà. Sesto ha bisogno di persone che si spendono per lei, proprio come ha sempre fatto lui.
Generazione che ha vissuto con semplicità, ma pensato con grandezza, talento e generosità. Ha speso le sue risorse per Sesto. Interpretava lo spirito di chi ama la sua città. Immaginava spazi e ambienti per gli altri. Si dedicava a progetti grandiosi ma anche a piccole realizzazioni con stesso impegno. E poi disegnava a mano, mentre parlavi lui pensava a disegnava. La statura di un uomo che si comportava con rispetto e competenza. Non era presuntuoso, semplicemente sapeva vivere del suo pensiero e delle sue idee. E poi lo stondato, le cose tonde per togliere gli spigoli e le spigolosità.
Ha insegnato la sua professione a tanti giovani architetti, creando un seguito alle sue idee E ha vissuto un matrimonio quarantennale con la sua Sesto San Giovanni, il suo vero laboratorio. È a Sesto che ha progettato grandi complessi per uffici dal carattere avveniristico, che hanno ospitato importanti società: Impregilo, Oracle, Novell, ABB, Alitalia, Inail, Campari. Una città in continuo movimento, con una forte vocazione al cambiamento e alla modernità, non poteva che stimolare un architetto come Marzorati, che negli anni ’90 ha disegnato quello che ancora oggi è lo skyline della città con le sue porte di ingresso. La sua poliedricità e versatilità lo hanno portato ad affrontare sfide differenti come i recuperi di edifici storici – la cinquecentesca Villa Torretta, Villa Sormani, Villa Puricelli Guerra – e la progettazione di centri commerciali (il Sarca), complessi residenziali, ecohousing, cinema multisala, l’Auditorium di Milano in largo Gustav Mahler, strutture religiose ed educative, centri benessere e parchi termali. Una città pubblica estesa e forte, come emergeva ne “La città sognata“, la mostra antologica allestita nel novembre 2016 nella lobby di Campari. Oltre 60 modelli tra progetti diventati realtà e altri rimasti nel cassetto.
Anche con le ex acciaierie si era cimentato Marzorati, che sognava una pista di sci sospesa, alimentata dalle pompe di calore, e un grande parco divertimenti. Divertimento e benessere, come l’occasione mancata in piazza Oldrini dove un complesso di terme non è mai nato. O come il ponte ciclopedonale che “unirà il Rondò a piazza della Repubblica diramandosi verso i giardini di Villa Zorn, creando non solo un nuovo scavalcamento ma anche una piazza sopraelevata dove si potrà passeggiare nel verde come sulla High Line di New York”