La scomparsa di Craxi riletta 25 anni dopo
Venticinque anni fa, moriva ad Hammamet Bettino Craxi leader dei socialisti italiani, uno dei protagonisti della politica italiana tra gli anni Settanta e Novanta del secolo scorso. Personalità complessa, non era propriamente empatico ma senza dubbio gli va riconosciuta una determinazione politica, a volte al limite del decisionismo che nel bene e nel male ha segnato la storia della nostra Repubblica. Socialista autonomista, veniva dalla scuola di Pietro Nenni, ma diversamente dal vecchio patriarca non aveva l’ossatura unitaria. Il suo obiettivo quando assunse la segreteria, nel momento più difficile del suo partito schiacciato dai due giganti DC e PCI, fu quello di riequilibrare le forze a sinistra e di essere competitivo con i democristiani, con cui collaborò fino a diventare Presidente del Consiglio, ponendosi a capo di un’ipotetica alternativa liberal socialista. Cambiò il simbolo del PSI, abbandonando il libro e la falce e martello, sostituiti dal garofano rosso in chiave europea. Sdoganò PIerre Joseph Proudhon sostenitore del pensiero libertario, più come rottura ideale e politica con quello che restava di Karl Marx che come riferimento ideologico. Voleva portare il vecchio socialismo italiano su una strada meno ideologica, impropriamente definita moderna di un pensiero che in Italia non aveva radici e se le aveva erano fortemente minoritarie. Craxi, come contrappeso al pentapartito mantenne le giunte di sinistra a livello locale. La sua fu una scelta tattica che comunque non creava aspettative per il futuro. Il premier Craxi fu quello che abolì il punto della scala mobile, subendo un referendum da parte della CGIL che vinse determinando l’avvio di un processo di crisi della rappresentanza sindacale, che persiste tuttora. Fu l’uomo di Sigonella, mostrando da vero credente delle istituzioni piglio e determinazione verso gli americani; dell’atlantismo, di cui si sentiva parte integrante; del dialogo con palestinesi e israeliani, mantenendo fermo il diritto di Israele di esistere, unitamente alla necessità di uno stato palestinese. Le sue vicende giudiziarie, che negli anni hanno portato politici, storici, giornalisti e tanta parte dell’opinione pubblica a farle diventare la storia di Craxi, non gli rendono giustizia e non rendono giustizia ai socialisti italiani, che da quelle vicende uscirono distrutti. Subì l’affronto del lancio delle monetine fuori dal Raphael, da parte di esponenti della sinistra e dei post fascisti del MSI. La Lega usò contro di lui il cappio in Parlamento, in uno dei momenti più bui della storia repubblicana. Contro di lui e il PSI, ci fu accanimento politico in virtù di Tangentopoli, che quando si scriverà la storia riserverà senz’altro sorprese. Il finanziamento illecito interessava trasversalmente tutti i partiti. Craxi che sembrava il più forte, in realtà era il più debole, mentre il PSI, anche se cresciuto elettoralmente e organizzativamente, era un gigante dai piedi di cristallo in mano a figure rampanti, il cui obiettivo era in gran parte la conquista del potere politico ed economico. Craxi subì l’affronto della richiesta d’arresto che rimase tale anche quando già in gravi condizioni si ipotizzò un suo rientro in Italia per un degno ricovero. Craxi in Tunisia per molti italiani fu e resta un latitante, per lui e molti altri un esiliato. Ancora oggi, nessuno dei suoi avversari gli fa sconti, a parte l’ipocrisia politica di chi, come esponenti dell’ex MSI oggi in Fratelli d’Italia, dopo averlo insultato e condannato dal loro tribunale del popolo, oggi ne esaltano la statura politica e istituzionale. Bettino Craxi resta un uomo del suo tempo, con tutte le contraddizioni che lo hanno caratterizzato. Ma resta soprattutto un uomo che ha pagato un prezzo molto alto, sicuramente più di ogni altro, le contraddizioni di un sistema politico ormai alla fine. Morì da uomo libero? No, Craxi morì da uomo libero di non essere libero nel suo Paese.