Di Stefano sbeffeggiato anche dalla maggioranza. E a pagare è la città
La saga Di Stefano continua, tra il drammatico e il grottesco. Ormai il sindaco pro tempore, come una scheggia impazzita passa da un fallimento all’ altro senza soluzione di continuità. I suoi alleati politici non si trattengono più e lo trattano a pesci in faccia. Lo fanno per sfregio, nella sede del principale partito di opposizione, affermando che loro non si sentono rappresentanti da lui. Affermazioni gravissime che in una normalissima dialettica politica avrebbero portato qualsiasi primo cittadino di qualsiasi Comune ad azzerare le deleghe, presentarsi in consiglio comunale e rimettere il mandato.
E invece lui no; lui va avanti e come un pugile incassatore prende cazzotti tremendi e anche sberleffi. Lo fa con nonchalance, bisogna riconoscerlo. Il problema grave è la pesante ricaduta che tutto questo ha su Sesto, diventata oramai una città senza anima e senza fiato, che ha esaurito tutte le forze; una città che non è più città, ma una tragica barzelletta raccontata da attori da sottoscala che fanno a gara per chi arriva primo in una manifestazione di ultimi.
Vanno avanti disuniti con un solo obiettivo: il potere per il potere. Cercano solo di posizionarsi per il futuro. Il sindaco per un posto al sole che lo gratifichi, gli altri per prendere la sua poltrona. Ed è una gara suicida che ha già ferito gravemente la città. Ma a lor signori non importa. A loro interessa il potere. E così ai sestesi restano le macerie di anni di amministrazione incapace gestita da incompetenti. “Fermate il mondo, voglio scendere!” diceva Mafalda personaggio di Quino. Appunto.