A fine luglio con uno spiegamento di forze dell’ordine formato da polizia, carabinieri, vigili del fuoco e polizia locale, il sindaco Roberto Di Stefano, coadiuvato dall’assessore ai Servizi Sociali e alle Politiche Abitative Roberta Pizzochera, ha dato il via allo sgombero della Casa Albergo di via Fogagnolo. E successivamente l’ha murata.
Di Stefano ha così scelto di usare il potere della forza contro i suoi concittadini con problematiche sociali e di salute. Un’azione, la sua, che ha offeso l’intera città nella sua intimità.
Il primo cittadino responsabile dell’assegnazione della gestione a una società che presentava requisiti poco affidabili, ha voluto precedere alla chiusura del simbolo di Sesto. Ha messo fine alla vita di una struttura senza sentire ragioni, con argomentazioni che sono assolutamente inaccettabili. L’ha fatto all’interno di una strategia di rottura con la città solidale e accogliente che da sempre ha caratterizzato la nostra Sesto San Giovanni. Il suo obiettivo è fin troppo evidente: quello di rendere inaccessibile il suolo cittadino ai più bisognosi.
Il sottoscritto ha vissuto questa ingiustificabile scelta come una ferita politica e personale. La Casa Albergo da sempre è stata il luogo dove negli anni migliaia di lavoratori, provenienti da ogni parte d’Italia hanno trovato un luogo per dormire in attesa di una sistemazione definitiva. Gran parte di loro sono cittadini di Sesto da lustri, hanno messo su famiglia, sono genitori e nonni. Qualcuno di loro anche consigliere comunale con la memoria corta.
Lo sgombero forzato della di questa struttura, peraltro inserita tra gli stabili da alienare, è una scelta di una crudeltà politica, storica e sociale che potremmo dire non ha eguali.
A Di Stefano e alla sua maggioranza non la perdoneremo mai. E siamo convinti che non lo faranno nemmeno i tanti sestesi che hanno nel DNA lo spirito d’accoglienza e la solidarietà verso il prossimo.
Paolo Vino