L’Europa è una cosa seria, vale anche per i candidati?
In queste settimane, decine di candidati vi avranno chiesto il loro voto per volare a “Bruxelles”. L’hanno fatto dai social, dalle telecamere delle tv, dalle colonne dei giornali e da qualsiasi altro mezzo o luogo a disposizione. Ve ne sarete certamente accorti. Come, certamente, si erano accorti anche gli stessi candidati che i voti da conquistare non erano le poche centinaia di militanti e dei “pasdaran” di partito quanto quelli – e sono tanti – di chi non voleva andare a votare per sfiducia nei confronti dei partiti e dei politici. In fondo il boom dei 5 Stelle di qualche anno fa ha dimostrato proprio che gli indecisi e chi non vuole recarsi alle urne è il target più succulento in grado di spostare gli equilibri.
Ad ogni day after di qualsiasi elezione, chi vince promette riflessioni su un astensionismo dilagante, ma la verità è che questo astensionismo fa comodo proprio ai partiti – specie a quelli maggiori – che con una manciata di voti possono assicurarsi il risultato finale, senza bisogno di raggiungere cifre astronomiche di preferenze a molti zeri. Ma vi ricordate quando l’Europa era il “Refugium peccatorum” di personaggi bizzarri che non avevano chance di essere eletti in Parlamento o proprio una seconda occasione per tutti i cosiddetti “trombati”? Stiamo parlando dei primi anni duemila, un ventennio fa circa. Oggi è così diverso? Forse. Perché con il sistema delle preferenze almeno si può scegliere il proprio rappresentante, cosa che dalle nostre parti non è possibile con listini bloccati di candidati sistemati in un ordine preciso scelto dalle varie segreterie nelle “segrete stanze” della politica.
Ma il livello dei candidati si è alzato così tanto da restituire fiducia agli elettori? Per anni l’Europa si è occupata del diametro dei gamberi e di altre questioni insignificanti; però dietro questa parvenza ha eroso in maniera più o meno silenziosa la sovranità dei singoli Stati e oggi quello che si decide in Europa pesa, eccome. Pensate solo all’invio di armi all’Ucraina o ad altri temi geopolitici che stanno cambiando la nostra storia attuale. In questa Europa, dove troppo spesso le decisioni vengono di fatto solo ratificate, visto che vengono prese da Francia e Germania nei loro Parlamenti, l’Italia se vuole e può contare davvero di più deve proporre candidati preparati, competenti, credibili. Gente che non può limitarsi a show farseschi per conquistare qualche titolo in prima pagina o qualche click in più, ma che faccia davvero gli interessi del nostro Paese in Europa.
E nemmeno chi dice di voler uscire dall’Unione e poi si candida per conquistare uno scranno lì, sapendo di avere chance pari a zero di portare a termine il proprio progetto. Vi ricordate la profezia di Bettino Craxi in tempi non sospetti dall’esilio di Hammamet alla fine degli anni ’90? “Si presenta l’Europa come una sorta di paradiso terrestre, arriveremo al paradiso terrestre. L’Europa per noi, come ho già avuto modo di dire, nella migliore delle ipotesi sarà un limbo. Nella peggiore sarà un inferno. Quindi bisogna riflettere su ciò che si sta facendo. Perché la cosa più ragionevole di tutte era quella di richiedere e di pretendere, essendo noi un grande Paese – perché se l’Italia ha bisogno dell’Europa l’Europa ha bisogno dell’Italia –la rinegoziazione dei parametri di Maastricht”. Un discorso da mandare a memoria e a futura memoria. Peccato che i candidati questa lezione se la siano scordata in fretta. Gli elettori, evidentemente, no.
PETER PARKER